Quando manca lo stile: 1Q84 - HARUKI MURAKAMI
In tutta onestà 1Q84
è il primo romanzo di Murakami che leggo. Ho letto L’ arte di correre,
certo, ma non è un romanzo, è un saggio. Per quanto possa essere narrativo e
biografico è comunque un saggio. Di conseguenza Murakami narratore non l’avevo
mai incontrato e non sapevo cosa aspettarmi.
È un autore popolare, largamente amato. Potremmo quasi
considerarlo un classico contemporaneo, vista l’assidua presenze sugli scaffali
delle librerie e sulle mensole dei lettori in tutto il mondo. 1Q84 è riconosciuto come uno dei suoi
capolavori – secondo forse a Norvegian
Wood e a Kafka sulla spiaggia,
eventualmente. Così, amando io i libri lunghi e non facendomi mai spaventare da
pagine in quadrupla cifra, sono partito da questo. Ho trovato un’edizione usata
praticamente nuova, un cofanetto trasparente con al suo interno i tre volumi
che compongono l’opera, volumi prevalentemente azzurri con dei cerchi e un
volto – orientale, penso femminile – del quale si distingue un occhio. “Bella
edizione” mi sono detto, da amante dei cofanetti. Tuttavia l’aspetto del libro
è merito dell’editore, non dell’autore (generalmente), così non gli ho dato
troppo peso e ho iniziato la lettura.
Nel secondo capitolo incontriamo un personaggio maschile,
Tengo. Ci viene presentato come un uomo sulla trentina dalla corporatura estremamente
massiccia. Insegna matematica in una scuola preparatoria (scuola che prepara
gli studenti ai test d’ammissione per le università, test particolarmente
difficili) ma vorrebbe scrivere libri. Il suo editor e datore di lavoro è
Komatsu, uomo sempre attivo e dall’ambigua reputazione nel mondo letterario. In
questo capitolo i due si devono incontrare per discutere dei libri presentati
per il concorso letterario per esordienti della rivista di Komatsu. Tra i testi
presentati c’è quello di una giovane ragazza diciassettenne, di nome Fukaeri –
presto scopriremo essere uno pseudonimo, creato con l’unione di nome e cognome
della ragazza. Il titolo del libro è La
crisalide d’aria. “Cos’è una crisalide d’aria? Come può esistere?” sono le
prime domande che vengono in mente. Il romanzo non è scritto bene, e Komatsu
vuole rifiutarlo, ma concorda con Tengo sostenere che abbia qualcosa di
particolare, sarà la trama, non si sa, ma una volta iniziato si vuole leggere
fino alla fine. Com’è possibile? In ogni caso, il libro in questa forma non può
essere presentato al concorso. E allora Komatsu ha un progetto per Tengo:
riscrivere il libro. Cosa ne verrà fuori? Cosa succederà quando Tengo e Fukaeri
si incontreranno? Cosa c’è scritto di così magnetico nel libro?
Come ho detto, già dall’inizio si è immersi in un alone
di mistero avvolgente, con domande che è difficile ignorare e a cui al momento
è impossibile dare una risposta. Tra spionaggi, un cielo con due lune (esatto,
due lune, una normale e una verde, più piccola e deforme), eventi storici che
non corrispondono, dubbi sulla realtà in cui viviamo, amori perduti e la
necessità di ritrovarli, questo libro racconta di alcune delle nostre paure, e
lo fa con una semplicità e correttezza disarmanti. È inevitabile, in alcuni momenti,
sentirsi profondamente rappresentati da questa storia, per quanto assurda e
immaginifica. Inoltre coinvolge emotivamente, il lettore è naturalmente portate
a voltare pagina (in alcuni punti) per sapere come va a finire, se finalmente i
protagonisti o gli antagonisti riusciranno nel loro intento. Le domande
troveranno una risposta? Sì, ma nasceranno altre domande. Ci sarà, una risposta
anche per queste? Leggi i capitoli successivi, e lo scoprirai.
Tuttavia un libro non può essere valutato soltanto dalla
trama, deve anche essere sostenuto da uno stile adeguato. E lo stile di
Murakami com’è? È semplice. Le frasi sono brevi, le subordinate (quando ci
sono) non vanno mai a sovraccaricare il peso di lettura. Le descrizioni sono
molto particolareggiate e in alcuni punti rendono davvero bene l’immagine che
l’autore vuole dare. Ma tutto qui. Non va oltre questa semplicità, non è
interessante leggere una scrittura di questo tipo. Sembra sia stato scritto
solo per la trama, per essere venduto, per raccontare una storia fine a sé
stessa insomma. Non vi è un vero studio dello stile. Inoltre, per quanto le
descrizioni siano particolareggiate e precise, Murakami è in difficoltà (o
almeno questa è stata la mia percezione) quando deve descrivere le emozioni dei
personaggi. Non le descrive mai per sé stesse, o mostrandole attraverso le
azioni e i comportamenti dei personaggi. Utilizza sempre metafore e
similitudini. In un punto del terzo libro descrive la solitudine come una
pietra liscia sul fondo scuro e freddo dell’oceano. Immagine sicuramente
interessante, e non c’è dubbio che renda bene il concetto. E sicuramente può
anche essere molto poetica. Ma leggere questo tipo di procedimento cinque volte
in una pagina, e ogni dieci pagine, stanca. Fatto una volta per impreziosire un
particolare punto del testo va bene, ma come consuetudine no.
Inoltre non solo formalmente, ma anche strutturalmente ci
sono degli elementi che non filano proprio bene. Ho scritto che la trama attira
e invoglia il lettore e ne sono convinto, ma alcuni elementi narrativi proprio
non mi convincono. A cominciare dal meccanismo di entrata ed eventuale uscita
dal mondo alternativo (scusate il piccolo spoiler, l’avreste comunque scoperto
entro poche decine di pagine): in che modo entrare in questo mondo è facile,
vivendo la propria vita come sempre, ma uscirne dovrebbe essere un problema?
Bisognerebbe uscirne vivendo comunque la propria vita, senza cambiamenti, così
come è successo entrandovi. Scusate se non poso approfondire ulteriormente il
discorso e se eventualmente non lo capite a fondo, ma più di così non posso
dirvi senza scadere in volgare anticipazioni.
Un secondo elemento che mi ha infastidito è la
caratterizzazione dei personaggi e delle loro abitudini, in particolare quelle
culinarie. So che può sembrare una sciocchezza, ma se un autore da così tanto
peso a determinate azioni dei personaggi, significa che queste azioni sono
importanti, perché rendono il personaggio quello che è. Pura e semplice teoria
testuale. Ora, cosa fa Murakami? Crea dei personaggi anche interessanti il più
delle volte, e diversificati tra loro. Abbiamo un’istruttrice di ginnastica, un
professore i matematica, una guarda del corpo, un detective privato. Ognuno di
loro ha abitudini, corporature, sogni e peculiarità diverse. Tuttavia mangiano
tutti nello stesso modo: evitano la carne, prediligono le verdure, cucinano
molto e a volte si dimenticano di mangiare. Tutti. Com’è possibile? Leggendo
L’arte di correre sono venuto a sapere che Murakami ha esattamente queste
abitudini culinarie. Inoltre, i personaggi, per quanto diversi, si comportano
quasi tutti nello stesso modo, pensano nello stesso modo, e tutti, in un modo o
nell’altro, richiamano l’autore.
Ora, non sono contrario a parlare di sé stessi nei libri,
anzi uno scrittore spesso sente l’esigenza di scrivere proprio per esprimere sé
stesso. L’ha fatto Hemingway nel Vecchio
e il mare, l’ha fatto Proust nella Recherche.
Ma non in questo modo. Mettere sé stessi al centro del proprio libro, creare un
sistema di personaggi sempre uguale a sé stesso (che è uguale all’autore
stesso), è come mostrare un mondo in cui l’unico punto di vista sia quello
dell’autore. Siamo ben lontani dalla polifonia dei caratteri di Dostoevskij.
Ovviamente non è necessario raggiungere il grande scrittore russo, ma creare un
minimo di diversità sì.
Concludendo, 1Q84
di Murakami è un libro imperfetto, con uno stile forse troppo semplice, uno
stile che vuole solo catturare il lettore senza offrire una vera esperienza di
lettura. La trama presenta delle impurità, ma nonostante questo la struttura
regge e si è naturalmente invogliati a continuarne la lettura. A un certo punto
entra in gioco il gusto personale, e nonostante a me non sia particolarmente
piaciuto (pur considerandolo buono) posso capire che sia stato e venga tutt’ora
apprezzato da molto lettori in tutto il mondo.
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