domenica 2 settembre 2018

RECENSIONE "NARCISO E BOCCADORO" - HERMANN HESSE


Narciso e Boccadoro, pubblicato da Hermann Hesse nel 1930, è divenuto un must della letteratura mondiale. Negli anni sono state dunque scritte innumerevoli pagine a riguardo, e un’ennesima recensione non porterà probabilmente nulla di nuovo.
Tuttavia questo libro mi ha colpito profondamente e sento la necessità di parlarne. La storia si svolge nella Germania medievale, inizialmente nel convento di fantasia Mariabronn (costruito sulla falsa riga di Maulbronn, monastero dove studiò il giovane Hesse), e poi nei grandi spazi di tutta la nazione. Narciso, un ragazzo giovane ma estremamente propenso alla riflessione, alla preghiera, al sacrificio e alla comprensione dell’animo umano, riceve come scolaro Boccadoro, un bambino talentuoso ma con un evidente blocco interiore, e dopo un’iniziale contegno i due diventano amici. Boccadoro sogna di intraprendere la strada del monachesimo e dedicare la propria vita alla preghiera, come il padre decise per lui; Narciso intuisce tuttavia che il suo animo non è adatto alla vita interiore, ma a quella del mondo e del corpo, della fisicità. Quando, dopo molte sofferenze, Boccadoro comprende e accetta ciò che il maestro gli dice più volte, lascia il convento e parte per un lungo viaggio, che lo terrà occupato un decennio. Nel corso di queste peregrinazioni conosce tutti i lati del mondo esteriore, la bellezza delle donne e il piacere della carne, la sofferenza del gelo e la gratitudine a chi offre un giaciglio, la paura della morte e la gioia della vita.
Durante tutto il romanzo il protagonista assoluto è Boccadoro: egli vive il mondo esteriore, fisico, che contiene esperienze positive e negative. Tuttavia il titolo del libro contiene anche Narciso perché il suo ruolo nelle vicende è fondamentale: lui, uomo di intelletto e che rappresenta la ragione, indica a Boccadoro, simbolo della passione, qual è la vera strada che deve proseguire. Narciso e Boccadoro, mente e corpo.
Il libro infatti è una grande simbologia. Il convento di Mariabronn rappresenta l’intimità dell’uomo, in cui convivono sempre due parti, una che tende verso la mente e l’introspezione, una che vuole vivere il mondo esteriore e vuole fare esperienza di altri oggetti e corpi. Il mondo razionale, rigido, regolato, viene collegato nel libro alla figura paterna, mentre il mondo delle emozioni, degli istinti, delle passioni, alla figura materna: Boccadoro è sempre alla ricerca della madre,nei suoi ricordi, e quando imparerà l’arte della scultura la sua aspirazione più elevata, il suo sogno artistico, sarò creare una statua non di Maria, la Madre di Cristo, ma di Eva, la Madre del Mondo e di tutti gli Uomini. E ancora: la vita monastica, fatta di rinunce, di studio e di dedizione al lavoro viene vissuta tra soli uomini, mentre la vita esteriore, del mondo, sregolata e istintiva porta Boccadoro a conoscere un’infinità di donne.

Questo libro può insegnare a ognuno di noi come accettare sé stessi. Dobbiamo sapere che, rivisitando la teoria di Platone, siamo trainati da due forze uguali e contrarie: una ci spinge alla riflessione interiore, l’altra a vivere la vita esteriore. Siamo composti da mente e corpo, ed entrambe cercano una propria soddisfazione.

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