lunedì 9 marzo 2020

Libri e vita: LA CASA DI CARTA - CARLOS MARIA DOMINGUEZ


La casa di carta parla d’amore. Di più amori, a dir la verità. Vi è quella che sembrerebbe la storia d’amore tra una deceduta professoressa di ispanistica dell’Università di Cambridge, Bluma Lennon, e un misterioso letterato sudamericano, Carlos Brauer, conosciuto a un convegno in Messico; l’amore per i libri, con le testimonianze di librai, di lettori, di possessori di immense biblioteche; vi è l’amore per la conoscenza contenuta nei libri.
In ogni caso, al centro di tutto vi sono i libri e un libro in particolare, La linea d’ombra di Joseph Conrad, che arriva nelle mani dell’Io narrante (innominato in tutto il breve romanzo) pochi giorni dopo i funerali di Bluma Lennon. Il libro è coperto da un velo di cemento e reca una dedica sulla prima pagina, dedica scritta dalla stessa professoressa Lennon: il pacco è evidentemente una restituzione, giunta troppo tardi. Così comincia la ricerca del mittente del pacco, e primo destinatario del libro, che porterà il protagonista in Argentina e poi in Uruguay. Lungo questo percorso conoscerà persone vicine a Carlos Brauer e gli racconteranno della sua “malattia”: i libri, e in particolare la gestione della sua libreria composta da ventimila volumi, e l’incidente che compromise la sua salute mentale, già di per sé debole. Per conoscere la verità e avere una possibilità di restituire il libro, il protagonista dovrà spingersi fino a lingua di sabbia semideserta, abitata solamente da pescatori, irraggiungibile con l’automobile. Un luogo duro se non si è abituati a vivere lì, dove la vastità dell’oceano e la profondità del cielo notturno possono farti sentire una formica e schiacciarti.
Il tema di fondo del libro tuttavia, mostrato e analizzato in ogni sua parte, sono i libri. Il lettore sarà sia ammaliato sia infastidito da quanto viene raccontato: si parla di salotti con collezioni incredibili, tutte le pareti di una casa coperte da librerie colme di volumi, collane complete, edizioni rare, tavolini da te, poltrone, pulizie complete regolari in modo da evitare la polvere. Si parla del piacere di aprire un volume nuovo, sentirne l’odore, sfogliarlo, leggerlo, e leggerne altri venti per capire davvero il suo significato. Si parla di grandi autori latinoamericani, dei loro libri, di copie originali, di biblioteche personali. Ma La casa di carta presenta anche il lato oscuro dei lettori: quelli che non rispettano i libri, che li sottolineano con colori diversi, che prendono appunti con la penna per studiarli, che scrivono anche su prime edizioni e copie rare ormai introvabili e costosissime. La stessa casa di carta a cui allude il titolo non è soltanto una metafora. Metafora, tra l’altro, molto intelligente: la lettura che crea una protezione dalle intemperie dell’esterno e una biblioteca personale che riflette la propria vita, dove alcuni ricordi e momenti sono legati indissolubilmente ad alcuni libri.
La casa di carta è un libro estremamente breve, quasi un racconto (nell’edizione Sellerio conta 85 pagine) e l’autore, Carlos Marìa Domìnguez, avrebbe davvero potuto scrivere un’opera più lunga e imponente, il materiale lo concedeva di certo, dato che i lati oscuri della storia anche nel finale restano molti. Tuttavia la decisione della brevità non pesa sul lettore, anzi rende il tutto molto più leggero e, se vogliamo, realistico: il libro è in prima persona, e non è possibile che il protagonista possa conoscere nel dettaglio la vita della professoressa, la vita di Carlos, e le vicende che li accomunano, e dato che viene sempre mantenuto il suo punto di vista anche il lettore resta all’oscuro di molti dettagli, di molti eventi, che tuttavia può immaginare. Leggerezza, nonostante alcuni episodi del racconto, potrebbe davvero essere l’essenza di questo libro.

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  David Foster Wallace ha 24 anni quando nel 1987 pubblica La Scopa del Sistema ( The Broom of the System ). Non so bene cosa si aspettasse...