venerdì 5 giugno 2020

Due omicidi e bella scrittura: PECCATO MORTALE - CARLO LUCARELLI


Bologna, 24 luglio 1943. Il commissario De Luca, della polizia criminale, investigando su un malavitoso che vende generi alimentari al mercato nero, detto “il Borsaro”, si imbatte in un cadavere, più precisamente in un cadavere senza testa. I sospetti ricadono ovviamente sul Borsaro, dato che il corpo è stato trovato nel casolare abbandonato da lui utilizzato come magazzino. Quel giorno il guardiano doveva essere un ragazzino di quattordici anni, Gianfranco Negroni, che quando viene interrogato risponde (in dialetto) di aver visto “al Crest d’i càn”, il Cristo dei cani, alla chiusa del canale. Trascorsa la notte, sul posto giungono altri membri del corpo di polizia, il console della Squadra Annonaria Amedeo Martina e il professor Boni, medico legale dai meriti ambigui (più che altro l’essere cognato di un sottosegretario del ministero dell’Educazione Nazionale). Mentre al professor Boni viene affidata l’autopsia del cadavere – che verrà eseguita “in due o tre giorni”, ovvero una settimana – il console Martina se ne va dalla scena del crimine portandosi dietro una valigetta trovata sul posto. Anche De Luca viene mandato a casa, e trascorrerà il resto della domenica in compagnia di Lorenza, la sua fidanzata, e gli amici di lei.

 

In riva al fiume, riposando e chiacchierando, De Luca scopre che cos’è il Cristo dei cani: è un affresco, su un’importante tomba familiare alla Certosa. Il commissario credeva che l’affresco citato dal ragazzino potesse assomigliare all’uomo che aveva visto, per questo lo aveva chiamato così. Ma la realtà è un’altra: il Cristo dei cani è un affresco in cui la figura centrale, rovinata, presenta solo la testa. Ciò vuole dire che Negroni ha visto la testa dell’uomo decapitato alla chiusa vicino alle case abbandonate. De Luca si precipita fin là con la bicicletta, attraverso Bologna, e finalmente la trova, la testa. Tuttavia, mentre attraversa il centro per raggiungere la questura, è la sera del 25 luglio 1943 e sappiamo tutti cosa succede: Mussolini viene arrestato e il regime fascista crolla.

 

Tra i disordini che ne conseguono, De Luca, inarrestabile, riesce comunque a consegnare la testa al dipartimento di Medicina dell’Università di Bologna (non al professor Boni, ma al talentuoso e appassionato professor Tirabassi), con la promessa di compiere l’autopsia entro il pomeriggio. Dopo essere tornato, qualche ora dopo, il commissario viene posto davanti a una realtà che non si aspettava: la testa non appartiene a quel corpo. De Luca ha quindi due omicidi da risolvere: quello della testa senza corpo, e quello del corpo senza la testa. Due casi legati tra di loro. E, a creare ulteriore confusione, il console Martina, il Borsaro e il ragazzino sono scomparsi.

 

Carlo Lucarelli ci ha abituati a romanzi in cui il caso da risolvere è tanto interessante quanto lo sfondo storico in cui è ambientato. In questo episodio del grande romanzo del commissario De Luca infatti i misteri sono molti e, da un certo punto in poi, la trama si infittisce sempre più. Aumentano le domande, aumentano i personaggi, le relazioni (intime o lavorative) si trasformano. Ogni volta che il commissario si avvicina alla risoluzione del caso, avviene sempre un evento fortuito, una coincidenza, un errore esterno, a riportare il caso dove era prima: lontano dall’essere risolto. Ma anche quando ciò non accade e al commissario sembra davvero di essere vicino alla soluzione, c’è sempre un particolare che non torna, un oggetto fuori posto. Andando avanti con la lettura si è certi che il caso verrà risolto, ma in che modo? E poi, i colpevoli pagheranno?

 

Perché, come dicevo, nei romanzi di Lucarelli non è importante solo il caso in sé, ma anche la cornice storica, e Peccato Mortale non fa eccezione. È ambientato in un momento molto particolare per Bologna e l’Italia in generale: la seconda metà del 1943. Accadono alcuni eventi importanti, primi fra tutti la caduta del regime fascista a luglio e la fuga di Mussolini e l’instaurazione della Repubblica di Salò a settembre, con il conseguente ritorno dei fascisti e dei tedeschi nel nord Italia, Bologna compresa. L’autore dipinge perfettamente la situazione di un poliziotto in una città come Bologna, una situazione particolarmente difficile. Con la caduta del fascismo infatti i poliziotti, essendo “ministri dell’ordine pubblico”, vengono classificati subito come fascisti e a rischio di rappresaglie, attacchi e violenze. Dall’altra parte invece, con l’instaurazione della Repubblica di Salò e il ritorno del comando tedesco a Bologna, quegli stessi poliziotti possono venire accusati di antifascismo, e quindi cacciati o addirittura fucilati.

 

Come si deve comportare un commissario come De Luca in questa situazione? Ha due casi da risolvere, due morti a cui dare un nome una storia, ma è un periodo complicato e (apparentemente) a nessuno interessa tutto questo. Il commissario inoltre non considera la politica, pensa solo a fare il proprio lavoro: trovare gli assassini e incriminarli. Non c’entra la politica. Eppure fin da subito tutta la vicenda è immersa nella politica e De Luca, a causa di questa, commetterà il suo peccato mortale che lo perseguiterà e che da il titolo al libro. Inoltre l’indagine inizierà presto ad occuparsi di persone “intoccabili”, cioè di alte sfere del governo e della vita pubblica che sotto il regime godevano sostanzialmente di immunità: come si dovrà comportare il commissario in questa situazione? Anche le vicende private di De Luca, il suo amore con Lorenza, il rapporto con la famiglia e gli amici di lei, tutto verrà immerso nella politica.

 

Tuttavia la caratterizzazione storica non è l’unico cavallo di battaglia di Carlo Lucarelli. Peccato Mortale non sarebbe così interessante, così misterioso, così fluido senza una scrittura altrettanto fluida, con un uso della lingua sapiente e corretto, esattamente quello che si definisce “bello stile”. In soldoni: Lucarelli scrive bene. Molto bene. Le pagine scorrono leggere una dopo l’altra. Le descrizioni sono semplici, a volte scarne, ma ritraggono gli elementi essenziali per dar vita al mondo che vogliono rappresentare e tutto ciò che leggiamo sulla pagina è facilmente figurabile nelle nostre menti. Per chi conosce Bologna queste descrizioni sembrano quasi ricordi di una città che non si ha mai visto, molto diversa da quella di oggi, ma ancora presente. Sentiamo sulla nostra pelle il vento della discesa in bicicletta dai colli, la pressione della folla il giorno dell’armistizio, il sapore metallico del sangue nella bocca dopo un pugno ricevuto.

 

Ecco Peccato Mortale di Carlo Lucarelli: due omicidi da risolvere, Bologna e l’Italia in crisi politica e in guerra, l’amore puro, incondizionato e paziente di Lorenza, una scrittura limpida e semplice. Leggetelo anche se non siete amanti del giallo/thriller, ne vale la pena.


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